La cedolare secca al 26% non frena gli investimenti

L’aumento della cedolare secca dal 21% al 26% non avrà una ripercussione sugli investimenti orientati alla messa a reddito degli immobili.

Il primo gennaio 2024 entrerà in vigore la nuova regolamentazione sulla cedolare secca. La nuova tassazione interesserà soprattutto chi opera nel business degli alloggi con affitti a breve termine. Locazione turistiche e affitti brevi sono quindi sotto la lente d’ingrandimento.

Gli ultimi anni hanno visto una fioritura degli investimenti immobiliari per trasformare, in strutture ricettive, case situate in larga parte nelle zone centrali o, comunque, a pochi minuti dai posti di interesse più gettonati. Questo, ovviamente, appare ancor più vero per quei centri o quelle metropoli come Roma che hanno un grande afflusso turistico.

Un business che si ripercuote, in un certo senso, su due comparti del mercato. Il primo è quello degli affitti ordinari, dove la messa a reddito, si è ridotta sempre di più facendo scattare una sorta di emergenza abitativa. L’altro punto, strettamente connesso al nuovo regime fiscale, è il settore degli hotel che hanno visto cambiare la richiesta di disponibilità in relazione ad una sempre crescente offerta di soluzioni, per così dire, affini.
La consuetudine, ormai diventata un metodo, si è trasformata in un nuovo modello lavorativo e in diversificazione dell’investimento. Tutto questo configura un altro primato per il mercato immobiliare che può contare sull’influsso positivo di un business che sospinge una parte delle transazioni.

Cosa dovranno aspettarsi gli investitori con il nuovo regime fiscale che entrerà in vigore a gennaio del nuovo anno?

LA CEDOLARE SECCA PRIMA

La cedolare secca è un regime di imposizione fiscale per l’affitto di un’abitazione ed è legato al pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile). La cedolare secca depenna anche il pagamento dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. Il proprietario che sceglie la cedolare secca non è più tassato in base alla propria aliquota marginale IRPEF, ma in misura fissa del 21% (o 19% per immobili a canone concordato).

LA RIFORMA FISCALE

Dal 2024, la cedolare secca sugli affitti brevi passerà dal 21 al 26% ma soltanto gli affitti brevi delle seconde, terze e quarte case. Per affitti “brevi” si intendono quelli non superiori a 30 giorni, che, in linea di massima, hanno finalità turistiche. Se invece, in aggiunta all’affitto della prima abitazione, affittassero anche l’eventuale seconda, terza e quarta casa, su questi tre ulteriori affitti non pagherebbero più il 21, ma il 26 per cento di cedolare. Oltre il quarto immobile invece la tassazione agevolata decade automaticamente in favore di una connotazione di impresa e quindi soggetta a tassazione ordinaria.

L’AFFITTO BREVE OFFRE PERFORMANCE MIGLIORI

Non è per nulla scontato che il nuovo regime fiscale penalizzi il mercato in modo tanto considerevole da vedere diminuire gli investimenti in tal senso, o che la riduzione del rendimento annuo di un immobile incida così tanto portare all’abbandono o meno della tassazione agevolata in favore di quella ordinaria.

Ad esempio, in una delle simulazioni del il Sole24ore, la rinuncia della tassazione agevolata in favore di quella ordinaria non sembra davvero impensierire i proprietari di strutture ricettive.

L’ESEMPIO DI ROMA

A Roma un bilocale del valore di 350 mila euro circa riesce ad avere un rendimento del 4%, riscuotendo un canone annuo, per un affitto ordinario 4+4, di 19.800 che, con l’opzione della cedolare secca al 21%, scende a 13.976 €. Lo stesso immobile messo a reddito per affitti brevi frutterebbe, con una occupazione annuale dell’80%, 51.363 € all’anno. Da questo incasso ( circa 176€ di media giornaliera) andrebbero decurtati i costi relativi alla cedolare secca, quelli operativi e quelli relativi alle sponsorizzazioni. Il rendimento in questo caso sarebbe di 26.630 euro (7,6% di rendimento), ipotizzando che questo immobile sia soggetto alla nuova tassazione del 26% , il reddito netto scenderebbe a 24.062 euro (6,9% di rendimento).

Tirando le somme, è proprio il caso di dirlo, l’aumento del regime fiscale, applicabile ad uno scenario tipo come quello che abbiamo descritto ridurrebbe dello 0,7% il margine di guadagno dell’immobile, una percentuale non penalizzante al punto di frenare gli investimenti immobiliari nel comparto del turismo.

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